Noi millennial siamo tutti messi così. Ci sentiam Noi millennial siamo tutti messi così. Ci sentiamo insicuri, andiamo dallo psicologo, abbiamo la sensazione che ci sia stato promesso qualcosa che poi ci è stato negato. Ed è così, perché il mondo in cui sono cresciuti i nostri genitori, quello del boom economico, degli ideali del ‘68, della fiducia assoluta nel futuro, dell’emancipazione attraverso la lotta politica… non esiste più.
“Studia e farai tutto quello che vuoi”, è un mantra che ha funzionato (forse) per loro, ma nel nuovo millennio è sfumato. Così ora ci arrabattiamo, giostrandoci tra la nostra immagine pubblica sui social, l’attivismo online, i coach che ci dicono “se lo vuoi puoi” e la realtà dei fatti che è spesso molto meno generosa. Anche il mito del posto fisso è andato in fumo da tempo, perché è vero, potrebbe far comodo, ma ormai l’idea di rimanere 40 anni seduti sulla stessa sedia ci pare una trappola anziché un privilegio. 
E nonostante tutto inventiamo lavori, creiamo storie, cresciamo bambini, mettiamo insieme famiglie decisamente meno tradizionali di quella in cui siamo cresciuti. Se i nostri genitori ci hanno lasciato qualche ricchezza ne siamo grati, ma ci sentiamo un po’ in colpa. Se invece non abbiamo le spalle coperte, la nostra vita è una continua sequela di compromessi. 
Siamo la generazione che ha scoperto l’importanza di accogliere i sentimenti, ma non ci siamo allenati da piccoli, e ora ci manca il respiro ad ogni salita. Tra yoga, psicoterapia, meditazione, passeggiate, letture, digital detox, “me time”, cerchiamo disordinatamente noi stessi. E ci troviamo, ma a pezzettini, e la vita spesso non ci lascia il tempo di ricomporre il puzzle. 
Non c’è una morale dietro a questa storia, davvero. Solo ricordiamoci, quando ci riconosciamo tra maglie di qualche rete, di dedicarci uno sguardo solidale, senza giudizio, e un sorriso affettuoso ai nostri reciproci tasselli mancanti.
#hounastoriaperte
Zucca, dove sei finita? Sono bloccata, imbottiglia Zucca, dove sei finita? Sono bloccata, imbottigliata e travolta da:

- Tre settimane di degenza Covid + tampone negativo di tutti per rientro al nido + un paio di giorni di asilo chiuso, cioè sostanzialmente un mese senza lavorare
- Lo scoppio della guerra in Ucraina che mi rende letteralmente doloroso frequentare i social network
- Un’altra settimana, quella in corso, di influenza “normale” per Lucio e per il suo papà, che non vuole passare (prenderà anche me?)
- Il lavoro arretrato di un mese che incombe, consulenze spostate e scadenze mancate, impossibilità totale di fare programmi

So che probabilmente sto descrivendo la situazione in cui si trovano moltissime e moltissimi di voi. 
È interessante che all’indomani della giornata internazionale della donna io sia qui, affondata sul divano con un bambino sul petto a domandarmi: che faccio, mi giustifico per scadenze mancate e lavoro non svolto tirando in ballo mio figlio che sta male? Oppure è meglio non fornire spiegazioni e limitarmi a chiedere scusa? 🙄
Anni fa, quando non ero ancora madre, ho provato a discolparmi per un errore dicendo “mi dispiace, è che ho troppe cose da fare”, e mi è stato risposto, letteralmente “questa è una presa per il c**o, tutti abbiamo troppe cose da fare”. Quel giorno ho pianto di rabbia e vergogna per ore e da allora, onestamente, ho smesso di aspettarmi dagli altri una risposta empatica. Voi cosa fate in queste situazioni? 
#raccontatimamma #amosenzamisura
Ieri nelle stories ho pubblicato queste parole, e Ieri nelle stories ho pubblicato queste parole, e ho ricevuto decine di messaggi di persone che si sono riconosciute nella mia esperienza. Le riporto qui perché vorrei che ne restasse traccia:

Quando è nato Lucio ho sentito per moltissimi mesi una voragine incolmabile tra me e la società. Quello che volevo non erano tanto asili nido gratuiti e maternità pagata per mesi. O meglio, avrebbero aiutato, ma… io in realtà sentivo che mi era negato il diritto a qualcosa di più ancestrale: quello che Ivan di @conguidoit nella sua ultima newsletter chiama “il tempo dell'esistenza". 

Sentivo di avere diritto a mesi, se non anni, da passare a osservare quella vita nuova schiudersi e farsi spazio. 
Senza l'obbligo di lavorare, senza il problema della solitudine. 
Sentivo di avere diritto ad altre braccia, molte braccia su cui posare il corpo addormentato di mio figlio, non il bisogno di apprendere gli orari, le finestre di veglia, la fisiologia del sonno per riuscire a depositarlo quanto prima nella culla e poter tornare a svolgere una vita "produttiva". 

Non so se esiste un tipo di welfare che può garantire questo. Ma io credo che alle donne e agli uomini, ai padri e alle madri, dovrebbe essere dato il diritto di veder crescere i propri figli. 
Abbiamo costruito un tipo di società che non è per niente sostenibile, se ci costringe a passare la maggior parte delle ore del giorno, tutte quelle in cui splende il sole, lontano dalle persone che amiamo. 

Le rivendicazioni sugli asili nido o sulla parità di divisione dei compiti tra uomini e donne sono molto sensate, le approvo moltissimo.
Ma il problema è a monte: tutti, madri e padri, dovrebbero avere il diritto di passare intere giornate a osservare, consolare e cullare i propri figli. E non solo quando sono appena nati. 

Durante i primi mesi di vita di Lucio ho sentito pronunciare mille volte la classica frase "per crescere un bambino ci vuole un villaggio". Il problema della nostra società è che il villaggio non c'è, perché nessuno ha tempo. A nessuno è concesso l'improduttivo, prezioso, salvifico e perfino sacro "tempo dell'esistenza".
Da bambina mi era concesso guardare la TV, la sera Da bambina mi era concesso guardare la TV, la sera, solo in tre circostanze: se veniva trasmesso un film imperdibile “che poi chissà quando lo ridanno!”, se c’era un programma satirico di Corrado Guzzanti (il che dice molto sui miei riferimenti etico-politici) oppure se era la settimana del festival di Sanremo.
Dovete immaginarvi le stanze della nostra casa di allora come tante piccole scatole impilate l’una sull’altra, collegate da una scala a chiocciola in legno. Le nostre due televisioni, come dive capricciose e rivali, si trovavano ai margini opposti: una in basso, nella cucina, e l’altra in cima, nella mansarda.
Finita la cena, con la stufa in procinto di spegnersi, mentre lo schermo sfolgorava irresistibile nella penombra, qualcuno prima o poi pronunciava la frase “forse dovremmo andar su”. “Aspettiamo la prossima pubblicità”, si rispondeva. Ma la temperatura, d’inverno, scendeva in fretta, e le sedie diventavano presto scomode. “Dai, salgo io”, “mannò, vado io tra qualche minuto”, “ok, va bene”.
Alla fine, un valoroso membro della famiglia smetteva di procrastinare, scalava le rampe due gradini alla volta e accendeva l’altro apparecchio annunciando a gran voce “fattooo!”. A quel punto, con il dito già sul pulsante off, si indugiava ancora qualche secondo ad apprezzare l’eco sfasato delle due televisioni che si sovrapponevano agguerrite come cantanti avversarie in una gara di stornelli. Poi si salivano i gradini in fretta, aguzzando le orecchie per non perdere nemmeno un minuto di trasmissione. Inutile dire che ovviamente, appena sistemati sul divano, nel 90% dei casi partiva la pubblicità.
Amo il pulsante “pausa” di Netflix almeno quanto rimpiango le serate passate su quei cuscini (per non parlare di chi ci era seduto sopra 🥲). Tra qualche giorno riparte Sanremo e se volete raggiungermi su questo grande divano virtuale date un’occhiata alle mie stories in evidenza “Fantasanremo”, oppure, se vi va, sedetevi qui con me e raccontatemi i vostri primi ricordi “televisivi” 📺🛋
#hounastoriaperte #feliceadesso #sanremo
✨ Aprite il video per vederlo a schermo intero ✨
Con le #gioiedinatale ci ho preso gusto, ed ecco un altro tutorial per la rubrica “Reel in 20 minuti”. Questo format è semplice da realizzare, permette di riutilizzare video già girati, e ci dà la possibilità di dedicare un ringraziamento di fine anno a noi stessi, che diciamoci la verità, ce lo siamo proprio meritato! 💛
Come sempre se avete domande o difficoltà la prof è a vostra disposizione, scrivetemi qui nei commenti! ⬇️🥰
#feliceadesso #tutorial #buonanno
Il nostro secondo Natale con Lucio, il nostro seco Il nostro secondo Natale con Lucio, il nostro secondo Natale in pandemia, eppure per noi entusiasti delle feste la bellezza scintillante di questi giorni è sempre sorprendente come la prima volta ✨
Quest'anno io e @dario.mimmo siamo stati ospitati da @pradibrec, un posto magico gestito da parenti del mio ramo canavesano 🏔
Abbiamo messo insieme una canzone della tradizione inglese, un'autoarpa, una Polaroid e un bambino di un anno e mezzo, e ne siamo usciti miracolosamente vivi! Buona visione e auguri ❤️
#gioiedinatale #polaroid #autoharp #thefirstnoel
✨Aprite il video per vederlo a schermo intero✨ ✨Aprite il video per vederlo a schermo intero✨
Oggi vi propongo di provare a realizzare questo reel semplice e rilassante. Stavolta, per variare rispetto ai precedenti (trovate tutti i tutorial sul mio profilo), ho deciso di mostrarvi come si realizza un reel con video già esistenti, ma se non ne avete potete anche realizzarne di appositi. L’importante è che siano evocativi e diano un senso di relax.
I video presenti nel reel sono una piccola anticipazione del videoclip della nostra cover natalizia 2021, che pubblicheremo a giorni 😍✨ #gioiedinatale
✨ Aprite il video per vederlo a schermo intero ✨

Oggi vi chiedo, per #gioiedinatale, di realizzare questo semplicissimo reel. Il testo dice “so I read a book, or maybe two or three”, cioè “leggo un libro, oppure due o tre”, ed è tratto dalla canzone iniziale del film Disney Rapunzel, dove la ragazza elenca i passatempi (da nerd) con cui ammazza il tempo dentro alla torre in cui è imprigionata.

Qualche ulteriore accortezza:
- scegliete tre libri che amate
- esercitatevi qualche volta con il movimento, perché la prima volta vi cadranno tutti insieme 😁
- mettete un cuscino o una coperta per terra, che i libri cadendo si rovinano!
- fate in modo di andare il più possibile al tempo con il testo 
- se non avete a disposizione qualcuno che vi aiuti a girare, usate la funzione timer di reel (si trova toccando sul cronometro a sinistra)
- nella didascalia spiegate brevemente perché avete scelto proprio quei libri e per quale motivo i vostri follower dovrebbero proprio leggerli!

Se avete domande, la prof è a vostra disposizione! 💛📚
Il sole che filtra dalla persiana La lampadina del Il sole che filtra dalla persiana
La lampadina del fasciatoio
L’alba che spunta sui tetti innevati
Il lampadario del corridoio

I led dell’albero di Natale
I faretti accesi della cucina
Quella candela sul davanzale
E la lanterna della cantina

Povere lampade, loro non sanno
Che anche se brillano senza riposo
Pure nei giorni più corti dell’anno
Qui c’è un bimbetto più luminoso ✨

[Una #filazucca per #fareluce su queste giornate, pure con le notti insonni, la stanchezza e la sesta malattia 😴🌲✨] #gioiedinatale
Caro Lucio, ti scrivo scomoda, con una mano sola, Caro Lucio, ti scrivo scomoda, con una mano sola, mentre tu russi leggermente nell’incavo del mio braccio. Dovrei alzarmi, lavorare, ma una forza invisibile mi trattiene qui, accanto ai tuoi riccioli appena sudati, al tuo corpo abbandonato accanto al mio.
Lo ammetto, ho passato il primo anno della tua vita a studiare: libri, riviste, blog e corsi online. Ho cercato di memorizzare curve del peso, grammature, scatti di crescita e finestre di veglia. Ho compilato intere bacheche di abiti in fibre naturali, attività creative, mobilio montessoriano e giochi educativi. Ho spiato le vite degli altri attraverso lo schermo del telefono, ho ascoltato consigli, giudizi e opinioni. Mi sono arrabbiata. Ho avuto paura. Ho creduto di non essere abbastanza.
Poi quest’estate è accaduto qualcosa. Hai iniziato a camminare, e ogni tuo passo ha riportato me sulla retta via. I miei occhi, affaticati a scrutare soluzioni all’orizzonte, si sono finalmente rivolti dalla parte giusta. E ho visto tuo papà che ti taglia la frutta a colazione mentre tu mangi lo yogurt col cucchiaio e esclami “aaam”. Ho ascoltato la melodia che canticchi quando vuoi chiederci di accendere la musica, i tasti del piano che percuoti con le dita intonando forte la stessa nota. Ho notato il modo che hai di correrci incontro per abbracciarci le gambe, di appoggiare la testa alla nostra spalla quando sei stanco. Ho guardato bene il tuo sorriso e ci ho trovato la tua fiducia grande verso il mondo. 
Qualche giorno fa camminando per strada mi sono fermata a osservare i giochi nella vetrina del giornalaio: colla fluorescente con i brillantini, bolle di sapone con una piccola biglia nel tappo, giochi da tavolo con la scatola ingrigita a causa del sole. Ho pensato ai tuoi cestini dei giochi, un improbabile miscuglio di oggetti montessoriani in legno, macchinine di plastica e congegni elettronici gracchianti.
Piccolo mio, qualche secondo fa, seguendo con lo sguardo la curva immensa delle tue ciglia, ho capito che i genitori dovrebbero assomigliare di più ai giochi nella vetrina del giornalaio: imperfetti, esteticamente discutibili, bruciati dal sole. Disordinatamente felici.
#baletter #gioiedinatale #feliceadesso
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Marta Pavia

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hashtag del mese · 21/07/2018

Gli hashtag dell’estate

Sono finiti gli anni in cui il primo agosto le città diventavano un deserto, le fabbriche chiudevano i cancelli, i negozi sbarravano le serrande, e l’Italia intera si metteva in viaggio verso il lido più vicino, con un’intera casa stipata sul portapacchi della Fiat 126. So che tra voi che mi state leggendo ci sono anche liberi professionisti, negozianti, dipendenti che hanno deciso di passare l’estate in città, col nobilissimo intento di continuare a svolgere il proprio lavoro per poi, auspicabilmente, concedersi qualche piccola pausa fuori stagione.

Io, dopo un anno bellissimo ma faticoso e un’estate, quella passata, trascorsa ad abbronzarmi alla luce fredda dello smartphone, ho deciso, stavolta, di staccare completamente per tutto il mese di agosto. Non sarò del tutto offline: vi svelerò certamente qualche particolare dei miei viaggi (vi ho già “spoilerato” che sarò a uno stupendo festival di musica tradizionale sulle montagne dell’Abruzzo), ma cercherò di centrare il proposito che la parte apprensiva/produttiva di me cercherà in ogni modo di osteggiare: quello di non lavorare.

Gli hashtag dell’estate (valgono sia per il mese di luglio che per il mese di agosto) non sono pensati solo per chi si chiuderà alle spalle il portone di casa e attraverserà regioni, paesi e continenti, ma anche e soprattutto per chi riscoprirà il piacere di vivere i mesi caldi nella propria città.

#viaggiaresottocasa

Questo è un hashtag bellissimo, di quelli che avrei voluto creare io. Invece è nato dalla testolina geniale di @rob.giu, alias Giulia Robert (eh sì, si chiama davvero così). che è una torinese come me, e si occupa di comunicazione social. Vi consiglio di fare un giro sul suo sito web, anche se è seguendola su instagram che potrete capire quanto è ironica, simpatica, intelligente, e secondo me anche profondamente buona (e di questi tempi, in cui “buonista” è utilizzato come insulto, la bontà mi pare una qualità piuttosto rivoluzionaria). Ecco qualche sua foto:

foto di @rob.giu
foto di @rob.giu
foto di @rob.giu

E l’hashtag #viaggiaresottocasa? È dedicato a tutte le meraviglie che ci circondano quotidianamente, di cui spesso non ci accorgiamo perchè le diamo per scontate: il campanile della chiesa del nostro quartiere, il pulmino vintage parcheggiato all’angolo della strada, la gelateria storica più buona della città, un filo di lenzuola candide stese al sole. Si tratta di avere nuovi occhi, come diceva Proust, ma in maniera amplificata, perchè attraverso i social prendiamo in prestito anche gli sguardi degli altri.

foto di @jugiemme
foto di @latatamaschio
foto di @diariodiuneducatrice

È un hashtag semplicemente perfetto per chi non può concedersi, adesso, il lusso di partire per un viaggio, ma certamente può indulgere nel piacere di fare il turista nella propria città (attività che consiglio anche in tutto il resto dell’anno).

#setulovuoi

L’estate in città (tema che rivendica il suo fascino dai tempi di Azzurro), ha molto a che fare anche con la cosa di cui vi voglio parlare ora. Si tratta un libro, il libro che vedete nella foto qui sotto (se lo leggerete capirete che il tè freddo non è assolutamente lì per caso), e si intitola “Se tu lo vuoi”:

IMG_0828.JPG

L’ha scritto Valeria Fioretta, autrice del blog Gynepraio, ed è un romanzo che fa venire voglia di ridere, sgranare gli occhi, mangiare cioccolato e a tratti fa venire anche i brividi sulla schiena. Ve ne parlo perchè Valeria mi ha proposto, qualche mese fa, di fotografare il suo libro. Non il libro in carne (carta?) ed ossa ma proprio la storia che c’è dentro. Sulle prime mi è sembrata un’impresa difficile, ma poi, dopo averlo letto, mi sono ritrovata piena di ispirazione e affetto per questo racconto (che peraltro è ambientato tra le strade di Torino), e ho scattato alcune foto, tra cui quella che vedete qui sotto:

IMG_9826 (2).JPG

A questo punto mi pare doveroso spiegare che Margherita, la protagonista, che ha molto dell’ironia brillante dell’autrice, ha l’abitudine di stendere continuamente liste: libri da leggere, cibi da acquistare, film da vedere, telefonate da fare. Ho scattato altre tre foto, a cui sono molto affezionata e che condividerò con voi nelle prossime settimane.

E l’hashtag? La proposta di Valeria è molto, molto carina. La prima cosa da fare, naturalmente, è procurarvi il libro, che è disponibile sia in versione cartacea che digitale (credetemi, è un ottimo investimento, io ho perso due interi pomeriggi di lavoro perchè non riuscivo a smettere di leggerlo 😅).

Il passaggio successivo è fare quello che ho fatto io, cioè provare a scattare una foto che rappresenti, in qualche modo, la storia.

Può essere un paesaggio cittadino, una caratteristica che condividete con il personaggio, un gesto che riconoscete come vostro. Quanto avrete trovato il vostro soggetto, immortalatelo con una foto e usate il tag #setulovuoi, taggando anche me e @gynepraio. Io e Valeria saremo, oltre che curiosissime, molto felici di ospitare nelle nostre stories i vostri scatti. Tutte le foto poi verranno raccolte in una gallery apposita sul suo blog Gynepraio.

#portasulmondo

Sono mesi che voglio proporvi di usare questo hashtag, e finalmente è arrivata la stagione giusta: il tempo dei viaggi, delle esplorazioni, degli sguardi curiosi attraverso i buchi della serratura.

L’ha inventato Giulia di @openbijoux, che fa esattamente quello che ogni crafter dovrebbe fare: vende gioielli, ma in cambio regala ispirazione. Le sue foto, e spesso anche le sue creazioni, sono accompagnate da racconti pieni di fascino e poesia, come potete intuire osservando queste immagini tratte dalla sua gallery:

L’hashtag #portasulmondo è nato dalla sua passione per i portoni (come darle torto!): bellissimi da vedere, facili da fotografare e perfetti per immaginare storie accadute al di là delle serrature.

foto di @tattini
foto di @chiara_effe
foto di @the_eat_culture

Uno dei compiti delle vacanze è il seguente: che siate nella vostra città o in un luogo esotico, andate a caccia di portoni, immortalateli e contribuite alla crescita di questo stupendo hashtag.

#baletter

Conoscete già in tantissimi questo tag lanciato da @balenalab_copywriting. Loro sono Chiara e William e si occupano di scrivere parole per il web (quelle giuste). Il loro payoff, che mi subito ha conquistata, è “raccontaci il tuo segreto, lo diremo a tutti”.

Sono perdutamente innamorata anche del progetto che stanno portando avanti sui social in queste settimane: le #baletter. Come si intuisce dalla parola, che molto opportunamente richiama l’animaletto presente nel loro nome, sono delle lettere, che Chiara e William hanno iniziato a mandarsi tra loro e poi hanno proposto al loro pubblico di Instagram come esercizio creativo. Qui trovate il post con cui hanno presentato il progetto:

View this post on Instagram

Da qualche settimana io e Will ci scambiamo delle letterine qui su Instagram: una foto + un pensiero che abbiamo chiamato baletter. Le baletter sono nate per il desiderio di raccontare un po' di noi, quello che pensiamo, le cose che ci stanno a cuore e quelle da niente. Le baletter sono piaciute, sono piaciute così tanto che ci siamo detti: ehi, perché non far diventare Instagram il posto (la Posta ❤️) per scambiarci cartoline digitali?  Così eccoci qui con una proposta piena di nostalgia del futuro: per tutta l'estate, ogni settimana, il giovedì, pubblicheremo qui su Instagram una baletter indirizzata a qualcuno. Andremo in cerca di bellezza da condividere, di storie da raccontare, del più e del meno, di domande che non hanno ancora nessuna risposta ma sono morbide abbastanza per poterci ridere su. Puoi ricevere anche tu una baletter e vivere con noi il tempo dell'attesa: commenta questo post e dicci che la vuoi (il classico "Sì, lo voglio!" non ci lascerà nessun dubbio). Anche tu potrai pubblicare una baletter se lo vorrai (usa l'hashtag #baletter così siamo sicuri di non perderci la tua letterina), anzi, noi ci auguriamo proprio che tu lo faccia: mandala a te stesso, a noi o a chi vuoi. Le baletter servono a ricordarci che quando scriviamo stiamo sempre scrivendo a qualcuno. La baletter di domani potrebbe essere per te. #baletter #lascritturahaloroinbocca #feliceadesso #hounastoriaperte #faidellordinariounapoesia #spontaneamentecurato #lessenzialevisibilealcuore #hounastoriaperte * * * 📷 @infraordinario

A post shared by Chiara 〰️Verbal Designer (@balenalab) on Jul 4, 2018 at 2:08am PDT

Nelle ultime righe di questa didascalia c’è una frase che mi commuove: “le baletter servono a ricordarci che quando scriviamo stiamo sempre scrivendo a qualcuno”. È un’affermazione molto vicina al modo in cui credo dovremmo vivere il web, e anche allo spirito con cui, qualche mese fa, io e @latatamaschio abbiamo lanciato l’hashtag #hounastoriaperte.

Per prima cosa, quindi, vi consiglio di scorrere il tag #baletter e di perdervi nel suo vortice di immagini e parole.

Poi potete lanciarvi nell’ultimo compito di queste vacanze: riscoprire il piacere della corrispondenza scritta. Potete indirizzare le vostre lettere a Chiara e William, a un amico reale o immaginario, o anche a voi stessi. Io non vedo l’ora di leggerle.

Questo è tutto. La prossima “infornata” di hashtag arriva a settembre. Fatemi sapere che ne pensate, come sempre, qui o su Instagram e ricordatevi di usare sempre anche il tag #feliceadesso per condividere con me le vostre parole e i vostri scatti.

 

 

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Comments

  1. elegraf says

    24/07/2018 at 16:43

    Bellissimi questi hashtag, il primo lo affiancherò al mio #seisempreingiroitaly quando vado a esplorare il mio territorio e la mia lombardia, e anche gli altri per le mie vacanze, e corro subito a prendere il libro di Gynepraio 🙂

    Rispondi
  2. Marta Pavia says

    24/07/2018 at 17:54

    Grazie mille! Molto carino anche il tuo hashtag! 🙂

    Rispondi

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  1. #gioiedinatale 2018: un calendario dell’avvento fatto per creare – Marta Pavia ha detto:
    30/11/2018 alle 11:26

    […] 4. #viaggiaresottocasa La bellezza è sotto i nostri occhi: il duomo della nostra città, i rami degli alberi imbiancati di brina, l’insegna anni ’70 del bar sotto casa. Questo hashtag ideato da @rob.giu è un invito ad aguzzare la vista a caccia di meraviglie quotidiane. Ne ho parlato qui. […]

    Rispondi
  2. #gioiedinatale – and the winner is… – Marta Pavia ha detto:
    09/01/2019 alle 13:16

    […] con una costanza ammirevole a tutti i venticinque temi del contest, la sua #baletter (cioè la sua lettera al tempo dei social), ad esempio, mi ha emozionata moltissimo e vi invito a […]

    Rispondi

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