Noi millennial siamo tutti messi così. Ci sentiam Noi millennial siamo tutti messi così. Ci sentiamo insicuri, andiamo dallo psicologo, abbiamo la sensazione che ci sia stato promesso qualcosa che poi ci è stato negato. Ed è così, perché il mondo in cui sono cresciuti i nostri genitori, quello del boom economico, degli ideali del ‘68, della fiducia assoluta nel futuro, dell’emancipazione attraverso la lotta politica… non esiste più.
“Studia e farai tutto quello che vuoi”, è un mantra che ha funzionato (forse) per loro, ma nel nuovo millennio è sfumato. Così ora ci arrabattiamo, giostrandoci tra la nostra immagine pubblica sui social, l’attivismo online, i coach che ci dicono “se lo vuoi puoi” e la realtà dei fatti che è spesso molto meno generosa. Anche il mito del posto fisso è andato in fumo da tempo, perché è vero, potrebbe far comodo, ma ormai l’idea di rimanere 40 anni seduti sulla stessa sedia ci pare una trappola anziché un privilegio. 
E nonostante tutto inventiamo lavori, creiamo storie, cresciamo bambini, mettiamo insieme famiglie decisamente meno tradizionali di quella in cui siamo cresciuti. Se i nostri genitori ci hanno lasciato qualche ricchezza ne siamo grati, ma ci sentiamo un po’ in colpa. Se invece non abbiamo le spalle coperte, la nostra vita è una continua sequela di compromessi. 
Siamo la generazione che ha scoperto l’importanza di accogliere i sentimenti, ma non ci siamo allenati da piccoli, e ora ci manca il respiro ad ogni salita. Tra yoga, psicoterapia, meditazione, passeggiate, letture, digital detox, “me time”, cerchiamo disordinatamente noi stessi. E ci troviamo, ma a pezzettini, e la vita spesso non ci lascia il tempo di ricomporre il puzzle. 
Non c’è una morale dietro a questa storia, davvero. Solo ricordiamoci, quando ci riconosciamo tra maglie di qualche rete, di dedicarci uno sguardo solidale, senza giudizio, e un sorriso affettuoso ai nostri reciproci tasselli mancanti.
#hounastoriaperte
Zucca, dove sei finita? Sono bloccata, imbottiglia Zucca, dove sei finita? Sono bloccata, imbottigliata e travolta da:

- Tre settimane di degenza Covid + tampone negativo di tutti per rientro al nido + un paio di giorni di asilo chiuso, cioè sostanzialmente un mese senza lavorare
- Lo scoppio della guerra in Ucraina che mi rende letteralmente doloroso frequentare i social network
- Un’altra settimana, quella in corso, di influenza “normale” per Lucio e per il suo papà, che non vuole passare (prenderà anche me?)
- Il lavoro arretrato di un mese che incombe, consulenze spostate e scadenze mancate, impossibilità totale di fare programmi

So che probabilmente sto descrivendo la situazione in cui si trovano moltissime e moltissimi di voi. 
È interessante che all’indomani della giornata internazionale della donna io sia qui, affondata sul divano con un bambino sul petto a domandarmi: che faccio, mi giustifico per scadenze mancate e lavoro non svolto tirando in ballo mio figlio che sta male? Oppure è meglio non fornire spiegazioni e limitarmi a chiedere scusa? 🙄
Anni fa, quando non ero ancora madre, ho provato a discolparmi per un errore dicendo “mi dispiace, è che ho troppe cose da fare”, e mi è stato risposto, letteralmente “questa è una presa per il c**o, tutti abbiamo troppe cose da fare”. Quel giorno ho pianto di rabbia e vergogna per ore e da allora, onestamente, ho smesso di aspettarmi dagli altri una risposta empatica. Voi cosa fate in queste situazioni? 
#raccontatimamma #amosenzamisura
Ieri nelle stories ho pubblicato queste parole, e Ieri nelle stories ho pubblicato queste parole, e ho ricevuto decine di messaggi di persone che si sono riconosciute nella mia esperienza. Le riporto qui perché vorrei che ne restasse traccia:

Quando è nato Lucio ho sentito per moltissimi mesi una voragine incolmabile tra me e la società. Quello che volevo non erano tanto asili nido gratuiti e maternità pagata per mesi. O meglio, avrebbero aiutato, ma… io in realtà sentivo che mi era negato il diritto a qualcosa di più ancestrale: quello che Ivan di @conguidoit nella sua ultima newsletter chiama “il tempo dell'esistenza". 

Sentivo di avere diritto a mesi, se non anni, da passare a osservare quella vita nuova schiudersi e farsi spazio. 
Senza l'obbligo di lavorare, senza il problema della solitudine. 
Sentivo di avere diritto ad altre braccia, molte braccia su cui posare il corpo addormentato di mio figlio, non il bisogno di apprendere gli orari, le finestre di veglia, la fisiologia del sonno per riuscire a depositarlo quanto prima nella culla e poter tornare a svolgere una vita "produttiva". 

Non so se esiste un tipo di welfare che può garantire questo. Ma io credo che alle donne e agli uomini, ai padri e alle madri, dovrebbe essere dato il diritto di veder crescere i propri figli. 
Abbiamo costruito un tipo di società che non è per niente sostenibile, se ci costringe a passare la maggior parte delle ore del giorno, tutte quelle in cui splende il sole, lontano dalle persone che amiamo. 

Le rivendicazioni sugli asili nido o sulla parità di divisione dei compiti tra uomini e donne sono molto sensate, le approvo moltissimo.
Ma il problema è a monte: tutti, madri e padri, dovrebbero avere il diritto di passare intere giornate a osservare, consolare e cullare i propri figli. E non solo quando sono appena nati. 

Durante i primi mesi di vita di Lucio ho sentito pronunciare mille volte la classica frase "per crescere un bambino ci vuole un villaggio". Il problema della nostra società è che il villaggio non c'è, perché nessuno ha tempo. A nessuno è concesso l'improduttivo, prezioso, salvifico e perfino sacro "tempo dell'esistenza".
Da bambina mi era concesso guardare la TV, la sera Da bambina mi era concesso guardare la TV, la sera, solo in tre circostanze: se veniva trasmesso un film imperdibile “che poi chissà quando lo ridanno!”, se c’era un programma satirico di Corrado Guzzanti (il che dice molto sui miei riferimenti etico-politici) oppure se era la settimana del festival di Sanremo.
Dovete immaginarvi le stanze della nostra casa di allora come tante piccole scatole impilate l’una sull’altra, collegate da una scala a chiocciola in legno. Le nostre due televisioni, come dive capricciose e rivali, si trovavano ai margini opposti: una in basso, nella cucina, e l’altra in cima, nella mansarda.
Finita la cena, con la stufa in procinto di spegnersi, mentre lo schermo sfolgorava irresistibile nella penombra, qualcuno prima o poi pronunciava la frase “forse dovremmo andar su”. “Aspettiamo la prossima pubblicità”, si rispondeva. Ma la temperatura, d’inverno, scendeva in fretta, e le sedie diventavano presto scomode. “Dai, salgo io”, “mannò, vado io tra qualche minuto”, “ok, va bene”.
Alla fine, un valoroso membro della famiglia smetteva di procrastinare, scalava le rampe due gradini alla volta e accendeva l’altro apparecchio annunciando a gran voce “fattooo!”. A quel punto, con il dito già sul pulsante off, si indugiava ancora qualche secondo ad apprezzare l’eco sfasato delle due televisioni che si sovrapponevano agguerrite come cantanti avversarie in una gara di stornelli. Poi si salivano i gradini in fretta, aguzzando le orecchie per non perdere nemmeno un minuto di trasmissione. Inutile dire che ovviamente, appena sistemati sul divano, nel 90% dei casi partiva la pubblicità.
Amo il pulsante “pausa” di Netflix almeno quanto rimpiango le serate passate su quei cuscini (per non parlare di chi ci era seduto sopra 🥲). Tra qualche giorno riparte Sanremo e se volete raggiungermi su questo grande divano virtuale date un’occhiata alle mie stories in evidenza “Fantasanremo”, oppure, se vi va, sedetevi qui con me e raccontatemi i vostri primi ricordi “televisivi” 📺🛋
#hounastoriaperte #feliceadesso #sanremo
✨ Aprite il video per vederlo a schermo intero ✨
Con le #gioiedinatale ci ho preso gusto, ed ecco un altro tutorial per la rubrica “Reel in 20 minuti”. Questo format è semplice da realizzare, permette di riutilizzare video già girati, e ci dà la possibilità di dedicare un ringraziamento di fine anno a noi stessi, che diciamoci la verità, ce lo siamo proprio meritato! 💛
Come sempre se avete domande o difficoltà la prof è a vostra disposizione, scrivetemi qui nei commenti! ⬇️🥰
#feliceadesso #tutorial #buonanno
Il nostro secondo Natale con Lucio, il nostro seco Il nostro secondo Natale con Lucio, il nostro secondo Natale in pandemia, eppure per noi entusiasti delle feste la bellezza scintillante di questi giorni è sempre sorprendente come la prima volta ✨
Quest'anno io e @dario.mimmo siamo stati ospitati da @pradibrec, un posto magico gestito da parenti del mio ramo canavesano 🏔
Abbiamo messo insieme una canzone della tradizione inglese, un'autoarpa, una Polaroid e un bambino di un anno e mezzo, e ne siamo usciti miracolosamente vivi! Buona visione e auguri ❤️
#gioiedinatale #polaroid #autoharp #thefirstnoel
✨Aprite il video per vederlo a schermo intero✨ ✨Aprite il video per vederlo a schermo intero✨
Oggi vi propongo di provare a realizzare questo reel semplice e rilassante. Stavolta, per variare rispetto ai precedenti (trovate tutti i tutorial sul mio profilo), ho deciso di mostrarvi come si realizza un reel con video già esistenti, ma se non ne avete potete anche realizzarne di appositi. L’importante è che siano evocativi e diano un senso di relax.
I video presenti nel reel sono una piccola anticipazione del videoclip della nostra cover natalizia 2021, che pubblicheremo a giorni 😍✨ #gioiedinatale
✨ Aprite il video per vederlo a schermo intero ✨

Oggi vi chiedo, per #gioiedinatale, di realizzare questo semplicissimo reel. Il testo dice “so I read a book, or maybe two or three”, cioè “leggo un libro, oppure due o tre”, ed è tratto dalla canzone iniziale del film Disney Rapunzel, dove la ragazza elenca i passatempi (da nerd) con cui ammazza il tempo dentro alla torre in cui è imprigionata.

Qualche ulteriore accortezza:
- scegliete tre libri che amate
- esercitatevi qualche volta con il movimento, perché la prima volta vi cadranno tutti insieme 😁
- mettete un cuscino o una coperta per terra, che i libri cadendo si rovinano!
- fate in modo di andare il più possibile al tempo con il testo 
- se non avete a disposizione qualcuno che vi aiuti a girare, usate la funzione timer di reel (si trova toccando sul cronometro a sinistra)
- nella didascalia spiegate brevemente perché avete scelto proprio quei libri e per quale motivo i vostri follower dovrebbero proprio leggerli!

Se avete domande, la prof è a vostra disposizione! 💛📚
Il sole che filtra dalla persiana La lampadina del Il sole che filtra dalla persiana
La lampadina del fasciatoio
L’alba che spunta sui tetti innevati
Il lampadario del corridoio

I led dell’albero di Natale
I faretti accesi della cucina
Quella candela sul davanzale
E la lanterna della cantina

Povere lampade, loro non sanno
Che anche se brillano senza riposo
Pure nei giorni più corti dell’anno
Qui c’è un bimbetto più luminoso ✨

[Una #filazucca per #fareluce su queste giornate, pure con le notti insonni, la stanchezza e la sesta malattia 😴🌲✨] #gioiedinatale
Caro Lucio, ti scrivo scomoda, con una mano sola, Caro Lucio, ti scrivo scomoda, con una mano sola, mentre tu russi leggermente nell’incavo del mio braccio. Dovrei alzarmi, lavorare, ma una forza invisibile mi trattiene qui, accanto ai tuoi riccioli appena sudati, al tuo corpo abbandonato accanto al mio.
Lo ammetto, ho passato il primo anno della tua vita a studiare: libri, riviste, blog e corsi online. Ho cercato di memorizzare curve del peso, grammature, scatti di crescita e finestre di veglia. Ho compilato intere bacheche di abiti in fibre naturali, attività creative, mobilio montessoriano e giochi educativi. Ho spiato le vite degli altri attraverso lo schermo del telefono, ho ascoltato consigli, giudizi e opinioni. Mi sono arrabbiata. Ho avuto paura. Ho creduto di non essere abbastanza.
Poi quest’estate è accaduto qualcosa. Hai iniziato a camminare, e ogni tuo passo ha riportato me sulla retta via. I miei occhi, affaticati a scrutare soluzioni all’orizzonte, si sono finalmente rivolti dalla parte giusta. E ho visto tuo papà che ti taglia la frutta a colazione mentre tu mangi lo yogurt col cucchiaio e esclami “aaam”. Ho ascoltato la melodia che canticchi quando vuoi chiederci di accendere la musica, i tasti del piano che percuoti con le dita intonando forte la stessa nota. Ho notato il modo che hai di correrci incontro per abbracciarci le gambe, di appoggiare la testa alla nostra spalla quando sei stanco. Ho guardato bene il tuo sorriso e ci ho trovato la tua fiducia grande verso il mondo. 
Qualche giorno fa camminando per strada mi sono fermata a osservare i giochi nella vetrina del giornalaio: colla fluorescente con i brillantini, bolle di sapone con una piccola biglia nel tappo, giochi da tavolo con la scatola ingrigita a causa del sole. Ho pensato ai tuoi cestini dei giochi, un improbabile miscuglio di oggetti montessoriani in legno, macchinine di plastica e congegni elettronici gracchianti.
Piccolo mio, qualche secondo fa, seguendo con lo sguardo la curva immensa delle tue ciglia, ho capito che i genitori dovrebbero assomigliare di più ai giochi nella vetrina del giornalaio: imperfetti, esteticamente discutibili, bruciati dal sole. Disordinatamente felici.
#baletter #gioiedinatale #feliceadesso
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