Una ragazza su Instagram mi ha regalato questa storia. “Non so se qualcuno l’abbia mai scritta da qualche parte, essendo la tradizione rom prettamente orale”, ha premesso in direct. E in effetti è così: l’ho cercata su Google e non l’ho trovata. Nel nostro mondo iperconnesso mi mette moltissima speranza che esistano ancora racconti che risuonano solo nelle cucine delle nonne, nel tardo pomeriggio, accanto alla stufa. Mi sono sentita perfino un po’ in colpa, lo ammetto, a pubblicarla qui sul blog, ma ho chiesto il permesso e Morena me l’ha accordato.

Prima di cominciare il racconto vorrei dirvi qualcosa su di lei. Morena ha ventitrè anni, è nata a Ferrara e studia Lingue a Bologna. Ed è di origine rom. Per la verità in parte rom e in parte sinta. Ci siamo scritte su Instagram in un giorno in cui le notizie di cronaca, purtroppo, facevano apparire l’Italia un paese tutt’altro che civile.
Lei nella vita vuole scrivere, lo fa già benissimo sul suo profilo Instagram e da pochissimi giorni sul suo blog. Vi consiglio di leggere il bellissimo post in cui accenna alla storia di sua nonna, che fuggì ventenne con un giovane giostraio (suo nonno, che vedete nello screenshot qui sotto) con cui ebbe un figlio (suo padre).

Nell’esperienza di Morena ci sono giostre, kampine (cioè roulotte) e circhi, così come in quella di moltissimi rom e sinti cittadini italiani, ma anche social network, viaggi, università, sogni. Come è ovvio che sia.
Oggi per moltissimi rom, specie quelli di origine balcanica, è la festa di San Giorgio (Ederlezi), quindi mi è sembrato un giorno particolarmente indicato per condividere con voi a questa bellissima favola, che Morena mi ha riportato con le esatte parole che trovate qui sotto.
È una storia che parla di amore puro, integrazione, accoglienza, e sapete bene quanto me quanto oggi ce ne sia bisogno. Prima di lasciare spazio al racconto cito ancora una frase, a quanto pare tipica del nonno di Morena, che mi porterò per sempre nel cuore: “prima o poi la bellezza ci salverà tutti“.

Ci fu e non ci fu (tutte le favole rom iniziano così) una giovane donna, Jasmina, che perse il suo unico figlio ancora in fasce a causa di una carestia. Il dolore era tanto che la madre pregò la fata Mautìa di farla diventare nuovamente madre. La fata Mautìa accettò, a patto però, che Jasmina superasse una serie di prove, senza però specificare quali.
Jasmina accettò e dopo qualche giorno alla sua carovana arrivò un uomo gagio (non rom) ferito. Tutti gli altri rom lo volevano scacciare essendo lui non rom, ma Jasmina lo curò. L’uomo quindi, guarito, se ne andò ringraziando.
Passarono i giorni e Jasmina si imbatté in una vecchia mendicante vestita di stracci che le chiese una tazza di caffè e un po’ di pane. Jasmina aveva poco caffè e poco pane ma se ne privò per ristorare la vecchia mendicante.
Passarono altri giorni e Jasmina incontrò due ragazzini rom senza camicia così, d’accordo col marito, intagliò da vecchi cappelli nuovi abiti per tenerli al caldo dall’inverno.
La stessa notte, Jasmina incontrò una bambina gagia che si era persa nel bosco e intrecciò rose ai suoi capelli per proteggerla dagli spiriti della notte e le coprì i piedini scalzi con due stracci perché la luna non le imbiancasse i capelli. Poi l’accompagnò al paese vicino, nonostante tutti i rom che si rispettino abbiano paura del buio. Trovò la famiglia della bambina, lasciò loro la figlia e se ne andò tra mille ringraziamenti.
Mentre tornava, guardò la luna piena e le apparse Mautìa. Le disse che tutte le persone in difficoltà che aveva incontrato erano state mandate da lei per scoprire se Jasmina avesse un buon cuore, un cuore talmente grande da farci stare tutti i bambini del mondo. Le prove erano superate perché Jasmina aveva agito non sapendo che erano prove e quindi in modo disinteressato, aveva fatto del bene soltanto perché era ‘umana’ e buona. Così da allora divenne la madre di tutti i bambini del mondo e ogni notte vola di carovana in carovana per proteggerli e benedirli.
Questo per dire che chiunque sia umano non può esimersi dal compiere buone azioni verso gli altri esseri umani, siano essi rom o non rom, italiani o stranieri perché tutti siamo figli della stessa madre, tutti siamo fratelli. ❤️
Ah e “bello sguardo” perché? Da allora Jasmina viene chiamata così, non tanto per la bellezza fisica dei suoi occhi ma per la sua facoltà di vedere l’umanità anche quando fa più paura e sembra più lontana da ciò che siamo, da noi.

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Tutti abbiamo dentro delle storie stupende. Io aiuto a raccontarle con immagini e parole
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