Ottobre 2018. Instagram era invaso di foto di foliage, bucket list autunnali, tazze di tè al bergamotto. I problemi principali erano scovare qualche foglia marroncina nel tiepido autunno mediterraneo, reperire hashtag stagionali per i nostri post e domandarci cosa diavolo fosse un pumpkin spice latte.
Ottobre 2022. Instagram sta diventando una piattaforma video. Come il CEO Mosseri aveva annunciato questa primavera, le nostre home page sono affollate di filmati proposti da un algoritmo che tenta (piuttosto goffamente per la verità) di indovinare cosa ci piace. A fine luglio c’è stata perfino una sorta di ribellione virtuale contro questa tendenza che ha causato qualche timido (e molto parziale) passo indietro da parte di Meta. Così oggi ci ritroviamo a scorrere, con un po’ di vertigine, un feed pieno di immagini in movimento, ci aggrappiamo a stories e direct per conversare con qualche faccia amica, e nel frattempo ci domandiamo come diavolo faremo a diventare pure registi di noi stessi.
Una tana confortevole
Avete presenti quelle stupende illustrazioni per l’infanzia, in cui gli animali del bosco vivono in un piccolo mondo scavato nel sottosuolo dotato di caminetto, poltrone, plaid di lana e ghirlande di foglie secche?
Ecco, io dico che dobbiamo ritagliarci il nostro spazio accogliente in questo social che cambia, specialmente se qui si trova una bella fetta del nostro pubblico ideale. Ovviamente va fatto con senso critico e prendendo alcune dovute precauzioni. Ora vi dico quali sono le mie:
Un po’ di astuzia
Instagram ha dichiarato esplicitamente, in un post sul suo sito dedicato ai creators, che darà particolare visibilità ai contenuti che:
- Sono video in formato verticale (9:16) e durano meno di 90 secondi
- Riescono a mantenere l’attenzione di chi guarda per almeno i primi tre secondi
- Non hanno watermark di altre app (senza fare nomi, Tiktok 😉) e non sono in bassa qualità
Detto in una parola, Instagram vuole che facciamo reel. Ce lo propone continuamente, a forza di notifiche e onnipresenti pulsanti. La prima opzione che abbiamo, per tutelare la nostra sopravvivenza in questa fitta selva piena di insidie è… fare reel.
Come dice l’Instagram coach inglese Sara Tasker in un suo tweet, possiamo creare un reel anche con il minimo sforzo possibile, ad esempio riprendendo un brevissimo video delle foglie ingiallite smosse dal vento (il caro vecchio foliage, uscito dalla porta, che rientra dalla finestra!), oppure creando una sequenza di fotografie che scorrono a tempo di musica. Se non sapete proprio da che parte cominciare, ecco il mio consiglio: guardate i reel degli altri, identificate un audio e un montaggio di vostro gradimento, e utilizzare la funzione “usa modello” per sostituire i clip del video originale con i vostri. Danno accesso questa funzione i reel composti di almeno due spezzoni video, a patto che siano stati montati dentro Instagram e non su app esterne. Sulle mie stories in evidenza trovate una raccolta di modelli interessanti da replicare, che amplierò presto.
Un po’ di anarchia
Ma Zucca, ci stai dicendo che dobbiamo metterci a ballare, indicare scritte, piazzare le foto a tempo su fragorosi ritmi virali? Che dobbiamo cominciare a elencare “5 modi per…”, “tre cose che non sai…”, “un errore da non fare mai…”.
No.
Io non credo nella divulgazione “usa e getta”, nè nei contenuti costruiti ad arte per diventare virali. Non trovo particolarmente etici i video troppo corti che costringono a due o tre visualizzazioni di seguito o i giochi interattivi che invitano un po’ forzatamente a lasciare condivisioni e commenti.
Si parla spesso di portare valore alla propria nicchia, tanto che ormai è un’espressione un po’ abusata. A mio avviso il valore sta sì nelle informazioni, ma non in quelle monouso create per compiacere gli algoritmi. Il valore sta nel ruolo che decidiamo di avere nella vita delle altre persone. Nelle relazioni che intessiamo e coltiviamo. Nel livello di complessità che ci permettiamo di raggiungere, nonostante i trend prescrivano il contrario.
Fate video quando, per voi e per il vostro messaggio, ha senso fare video. Altrimenti proseguite sulla vostra strada, pubblicate foto, scrivete lunghe didascalie, celebrate, con i vostri contenuti, la lentezza, il radicamento e perfino una totale e liberatoria inutilità.
Un piano B
In fin dei conti sì, il modo in cui stiamo online è questione di etica. Può darsi che Instagram sia diventato meno accogliente e che le scelte aziendali di Meta, dettate dal desiderio di fare spietata concorrenza a Tiktok e Youtube, ci stiano un po’ strette. I suoi obiettivi, chiaramente, non sono i nostri.
Noi possiamo però perseguire l’intento, forse un po’ idealista ma molto sano, di fare il meglio possibile con gli strumenti imperfetti che abbiamo. Possiamo darci il permesso di comunicare secondo le nostre capacità, sperimentando e imparando anche attraverso gli errori, consapevoli del funzionamento del sistema e dei suoi limiti.
Se poi temiamo che l’app di Zuckerberg diventi così inospitale da costringerci a fare fagotto e abbandonare il campo, possiamo cominciare a investire in un canale alternativo, come un sito, una newsletter o un gruppo Telegram (sono molto tentata da quest’ultimo, quindi, come si dice in gergo stay tuned). Se il vento del cambiamento soffierà un po’ troppo forte, quest’autunno, avremo un salotto confortevole in cui ospitare e alimentare la nostra community e gustarci insieme (ammesso che sia commestibile 😁) quel famoso pumpkin spice latte.

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Tutti abbiamo dentro delle storie stupende. Io aiuto a raccontarle con immagini e parole
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